giovedì 24 ottobre 2013

Venditori, questi conosciuti..? pt. 1

Controlli ogni giorno i nuovi annunci di lavoro che internet ha da offrirti, speri di trovare qualcosa di buono e adatto a te, e invece quello che leggi sono solo tre parole: agente di vendita, commerciale e telemarketing.
Già perché l'unico lavoro che trovi sicuramente in questo periodo è proprio quello: la vendita.
Che sia attraverso un call center o porta a porta, l'ambito commerciale sembra l'unico che resista ad ogni tipo di crisi.
I venditori sono i più ricercati nel mondo del lavoro: aspirapolveri, operatori telefonici, materassi, prodotti assicurativi.. quello che il mercato cerca sono persone in grado di promuovere la vendita di ogni tipo di prodotto o, come chiamano loro, beni di servizio.
Quanti di voi sono finiti a loro insaputa in colloqui con queste persone, magari grazie ad annunci fasulli?
Io personalmente ci sono caduta 3-4 volte..

La prima volta è stata quella del mio primo colloquio; il primo colloquio della mia vita e mi capita con dei venditori. Sì, ma io non lo sapevo!
L'annuncio di lavoro diceva: cercasi ragazzi/e anche senza esperienza. Perfetto! Cercano gente come me!
Sinceramente ero scettica sin dall'inizio ma in quel periodo ero presa dall'invio maniaco-compulsivo di cv ad ogni indirizzo mail che trovavo, e quindi pensavo che non avrebbe cambiato niente mandarlo anche a loro.
Non era passata neanche una settimana quando ricevetti una mail che confermava la ricezione del mio cv e che ero invitata a presentarmi il giorno dopo per un colloquio conoscitivo, essendo io stata scelta tra tante valide persone (sì, come no!).
La mail era firmata "Successo nelle vendite". Okay, più chiaro di così non poteva essere: cercavano venditori.
Decisi comunque di cercare su internet questo nome per avere conferma dei miei sospetti. I risultati mi indirizzavano ad una pagina Facebook dove spiegava che questa "agenzia" lavorava per Vodafone ed Enel.
Per curiosità andai nella sezione delle foto e quello che trovai erano ragazzi sotto i 30 anni, maschi e femmine, vestiti e atteggiati alla Jersey Shore in posa con sigarette in bocca e bottiglie di spumante in mano. E il titolo dell'album delle foto era: "il nostro team".
Wow! Davvero una come me dovrebbe andare a finire in un posto del genere con della gente del genere?
No, non potevo fare quel colloquio, io non c'entro niente con quella marmaglia di zoticoni.
Zoticoni che però hanno un lavoro, che guadagnano dei soldi, mentre tu invece sei solo una povera sfigata, laureata per sbaglio e senza uno straccio di lavoro. Forse non sei molto meglio di loro!
Non avevo idea di cosa era giusto o meno fare. Magari mi avrebbero fatto lavorare in un call center, un lavoro terribile, sì, e con una paga minima ma era pur sempre qualcosa. E io non avevo nulla.
Ero immersa nei miei dubbi quando il telefono squillò. Un numero che non conoscevo. Risposi e un uomo piuttosto giovane mi disse che il colloquio di lavoro era spostato di un giorno causa malore del capo. 
Non ebbi il coraggio di annullare l'appuntamento e decisi di presentarmi lo stesso.
Era il mio primo colloquio di lavoro in assoluto e il problema fondamentale che assilla ogni donna dall'età della pietra è: come mi vesto?
Sicuramente non troppo elegante, ma neanche troppo barbona; niente tacchi, jeans, una maglietta e un cardigan. Semplice e casual.
Il giorno dopo mi presentai nel luogo dell'incontro, era un indirizzo che portava ad un condominio piuttosto vecchiotto. Una donna stava uscendo, così ho approfittato per entrare.
Ciò che sembrava quel posto dall'esterno si rivelò essere ancora peggio quando vidi le condizioni interne, sembrava non fosse abitato da anni. 
Le scale portavano a tre piani, il primo pianerottolo aveva due porte, entrambe sbarrate (andiamo bene!). Salii le scale ancora e mi trovai davanti ad altre due porte. Una sola delle due però sembrava in grado di aprirsi, quindi decisi di provare a bussare, ma qualcuno aldilà della porta la aprì per me. 
C'era un corridoio piccolissimo, chiaramente appartenente ad un qualcosa che una volta poteva essere una casa, probabilmente lo stile era anni 60.
Seduti nelle sedie di quel misero corridoio vi erano tre ragazzi, tutti più o meno della mia età. Guardandoli ho capito che il problema del vestirsi bene era una cosa cui avevo pensato solo io.
Non parlavano tra di loro quindi cominciai io a fare domande, chiesi se anche loro erano qui per il colloquio e se sapevano di cosa si trattasse. 
Tutti e tre risposero di non avere una minima idea di chi fosse la gente che li ha chiamati e ammisero di aver mandato le mail a caso e questi erano gli unici che avevano risposto. Com'è piccolo il mondo! (e aggiungerei povera Italia..)
Mi guardai attorno seduta sulla mia sedia e notai che l'appartamento era completamente spoglio: non un manifesto, non una foto, niente di niente che potesse ricondurre alla gente con la quale stavo per fare il mio primo colloquio.
Che razza di agenzia è mai questa? Sembrava che quella gente si fosse instaurata lì clandestinamente (e probabilmente era così).
Parlando con i ragazzi rimasti scoprii che erano tutti appena usciti dalle scuole superiori o neanche le avevano finite. Ero sempre più convinta che io con quella faccenda non c'entravo proprio una mazza.
Finalmente arrivò il mio turno, ero l'ultima.
Mi aprii la porta un uomo di non più di 35 anni, latino americano, mi strinse la mano e si presentò; ma io ho quella strana malattia per cui non ricordo mai il nome della gente che si presenta.
Mi fece accomodare in uno studio spoglio, chiaramente abitato da pochi giorni, e sedere in una sedia di fronte alla sua scrivania.
Cominciò a parlare della sua agenzia e di cosa si occupava, sapeva esattamente cosa dire e cosa non dire e soprattutto COME dirlo.
Io sinceramente lì per lì non avevo capito quasi nulla, cosa voleva quel tipo da me? Che lavoro voleva farmi fare?
Iniziò a parlare di promozione di prodotti, parlare con le persone, prendere appuntamenti e far firmare contratti. 
"Mi scusi, ma quindi se non ho capito male voi andate a casa delle persone?"
"Beh sì, è questo che fa un promoter: offre un servizio conveniente e si reca a casa della gente in prima persona per proporglielo!"
Quello che in realtà voleva dire era: si recano a casa delle persone per implorarle di dargli dei soldi e scassare le balle alla povera gente.
Insomma era questo che erano: venditori porta a porta. Annoverati tra le professioni peggiori nella storia dell'universo.
Francamente avrei preferito un misero call center, almeno non avrei dovuto mostrare la mia faccia sconsolata.
Ad un certo punto mi chiese di parlare di me e delle mie esperienze. Io cercavo di mostrarmi come una persona molto impegnata e non disposta a fare certi tipi di lavori.
Invece appena io finii di parlare, cominciò a spiegarmi a macchinetta il lavoro che secondo lui sarei andata a fare: "Comincerai lunedì, sarai insieme a un  nostro collega per tutto il giorno, a partire dalle otto di mattina fino alle sette di sera. Il periodo di prova durerà cinque giorni, poi comincerai a fare tutto tu in prima persona e noi ti osserveremo per capire come ti giostri in questo ruolo..."
PREGO?! Prima che se la finisse con tutte queste scemenze lo interruppi. 
"Mi scusi ma lei ha detto che avete bisogno di persone che lavorino a tempo pieno, giusto?"
"Assolutamente sì, questo è un lavoro a tempo pieno, si lavora tutti i giorni 10 ore!"
"Allora ci siamo capiti male, io cerco un lavoro part-time che mi permetta di studiare per andare a fare i concorsi." (CAZZATA!)
"Allora questo non è il lavoro che fa per lei."

Ci siamo stretti la mano e mi ha fatto accompagnare fuori.
Mentre uscivo da quel condominio malmesso ripensai a quello che mi era appena successo e scoppiai in una sonora risata.
Il mio primo colloquio di lavoro.

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